Carissima dottoressa Rosa Flocco, le scrivo a distanza di tre mesi dalla nascita della piccola Lea.
Oggi è il suo terzo complimese e in un attimo di quiete (è in braccio alla zia) finalmente riesco a dedicarle del tempo per scriverle parole di immensa stima, gratitudine e affetto. Infatti una semplice telefonata non sarebbe bastata a descriverle come io mi senta oggi e che inestimabile aiuto mi abbia dato durante i nostri incontri.
Vorrei farle una premessa che non vuol essere una giustificazione ma un’ennesima dimostrazione di stima e gratitudine che provo nei suoi confronti: avrei dovuto sì farle sapere subito del lieto evento, ma lo sconvolgimento totale della mia vita e il dedicarmi 24 ore su 24 alla piccola non mi hanno lasciato spazio per fermarmi e scrivere quello che in tutti questi giorni ho provato.
Inoltre – forse potrà capire avendomi conosciuta -, c’era il timore di annunciarle qualcosa che forse poi non si sarebbe realizzato – quello che mi aspettava era un’incognita – e la paura di dirle che avevo fallito nel seguire le sue preziose indicazioni era molta.
Così in questi duri, ma splendidi, tre mesi ho pensato a lei, ogni giorno a partire dai primi lunghi giorni di degenza all’ospedale quando ho sempre mangiato tutto ciò che era previsto dal menù, con la gioia di voler crescere e dare a mia figlia una madre matura e responsabile. Una volta a casa era nei miei pensieri quando dovevo decidere la cena, o cosa mangiare a pranzo, sola con una creatura indifesa tra le braccia da nutrire.
Che gioia e soddisfazione quando con stupore dal mio seno ho visto scendere del liquido, quando le infermiere mi hanno confermato che era colostro e poi latte. Non potevo che pensare a lei e ai suoi insegnamenti. Col passare dei giorni, la paura di non poter dare a Lea quel nutrimento tanto prezioso quale il latte materno veniva spazzata via dall’orgoglio di vederla sazia, soddisfatta. E, settimana dopo settimana, crescere.
Ad ogni commento, domande inopportune, insinuazioni sulla possibilità che la bambina non venisse nutrita sufficientemente, richieste ossessive sul suo peso… io mi estraniavo e sorridevo, dentro me pensando a lei, ai suoi consigli e alle sue parole.
Sorrido ancora dentro di me e le assicuro che questa sensazione arriva agli occhi delle persone a me più care, in primis a mia madre, la quale mi è stata vicina durante il percorso. Mia madre ha visto, giorno dopo giorno, i progressi; e anche lei le è riconoscente e sa che le devo tanto per ciò che ha fatto per me, tanto da considerarla ormai parte di noi.
Questo per dirle che oggi posso affermare di aver superato una prova veramente dura con me stessa: prendermi cura di me prima, per poter dare amore a chi mi circonda poi, a partire dalla piccola Lea. Poi a mio marito Fabio e alla mia famiglia.
Perché, se ora sorrido e sono serena, sono più tranquilla nell’approccio alla vita! Non so se con le parole sono riuscita ad esprimerle tutta l’immensa gratitudine che provo per lei e per il lavoro che svolge. Troverei più giusto chiamarlo insegnamento di vita. Grazie.